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il diritto penale nazionale si basa sul criterio di liceità dichiarato dal vecchio detto latino per cui «nullum crimen, nulla poena sine lege». il criterio di liceità è sancito dall’articolo 25 della carta costituzionale per un bisogno di precauzione generale e di sicurezza delle accuse e di protezione della libertà soggettiva che può essere ridotta soltanto tramite azioni che manifestino un potere connesso alla rappresentanza politica, e ossia alla sovranità del popolo.

Quindi, per adempiere ai vari bisogni, il ragguaglio alla legge incluso nell’art. 25 cost. va considerato come atto scaturito alla fine della classica procedura di istituzione degli atti normative sancito dalla costituzione medesima conformemente all’impianto democratico teso a proteggere la persona contro le sopraffazioni dello stato.

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In genere si discerne tra criterio di liceità formale e sostanziale allo scopo di definire se per illecito deve essere intesa l’azione presunta dalla normativa come tale ossia un’azione antisociale.

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il criterio di liceità formale costituisce l’interdizione di sanzionare una qualsiasi

azione che, nell’istante del suo compimento, non sia manifestamente indicata come illecita dalla normativa e con sanzioni che non siano dalla normativa manifestamente indicate. ne consegue che esso si basa su una scelta politica di natura individualistico-garantista e quindi sul bisogno di tutelare la libertà della singola persona (favor libertatis).

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il criterio di liceità sostanziale comporta che è configurabile come illecito l’azione ritenuta socialmente rischiosa, sebbene non manifestamente indicata dalla normativa, e che ad essa si attuano le sanzioni idonee a quel fine. questa impostazione teorica manifesta una decisione politica tesa alla protezione della «difesa sociale» (favor societatis).

Le appendici del criterio di liceità consistono in alcune sotto norme: — riserva di legge — obbligatorietà — non retroattività.

1 bis. nel nostro sistema giuridico quale tratto distintivo ha in diritto penale il criterio di liceità? Tale criterio nel diritto penale comporta l’obbligatoria pre- definizione di norma e misura sanzionatoria in rapporto al momento in cui l’illecito sia poi compiuto.

Questo criterio ha valore costituzionale perché la misura sanzionatoria influenza notevolmente i valori dell’individuo sacrificabili soltanto alla luce di decisioni politiche di natura criminosa manifestate dagli eletti dai cittadini e, dunque, tramite quella procedura di costituzione dell’atto legislativo risultato di una discussione parlamentare sottomesso anche alla pubblica valutazione.

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In base all’art. 25 cost. e dell’art. 1 c.p. per cui nessun soggetto può essere sanzionato per un’azione che non sia manifestamente indicata dalla normativa come illecito, il nostro sistema giuridico ammette un’idea di legalità considerata in senso formale tesa al criterio di tipicità: al magistrato compete soltanto la facoltà di verificare la congruenza dell’azione effettiva al caso astratto individuato dalla legge di accusa. quest’impostazione teorica caratterizza uno stato di diritto, dato che il nostro modello a costituzione rigida implica un imprescindibile equilibrio, che soltanto la normativa può garantire, tra libertà individuale e patrimoniale, che sono arginate dalla misura sanzionatoria penale, e altri beni giuridici che la legge di accusa intende proteggere.

Da qui il bisogno che l’accusa sia inclusa in un atto legislativo di livello primario estromette la conformità con il nostro sistema giuridico del criterio di legalità cd. sostanziale in base a cui illecito sarebbe non soltanto ciò che è manifestamente sanzionato in quanto tale, ma anche quello che il magistrato crede sia socialmente rischioso.

Se si vuole accettare un’idea del criterio legalità di tipo formale-sostanziale, occorre considerarlo nel senso che il legislatore possa attuare la misura sanzionatoria penale sempre che essa sia fondamentale per la protezione o di beni di livello costituzionale o, in ogni caso, di beni non inconciliabili con la costituzione. 1ter.

Che rilevanza ha il criterio di legalità in ambito penale dalla convenzione europea per i diritti umani

(cedu)? l’art. 7 della cedu («nessuna sanzione senza legge») al primo comma, nell’analisi dell’aspetto dell’efficienza nel tempo della normativa penale, prevede che i singoli cittadini degli Stati aderenti alla convenzione non possono essere soggetti a sanzioni più pesanti di quelle adottabili quando si compie l’azione: «nessuno può essere punito per un gesto o una omissione che, quando è stata compiuta, non rappresentava illecito in base al diritto nazionale o internazionale.

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Allo stesso modo, non può essere applicata una sanzione più pesante di quella adottabile quando l’illecito è stato compiuto».

Anche la corte europea ha chiarito che il comma i del citato articolo non si riduce a disciplinare l’adozione della normativa penale nel tempo, ma legittima in modo generico il criterio di legalità in rapporti ai reati e alle sanzioni e quello che obbliga alla non attuazione di natura estensiva o analogica della normativa penale a svantaggio dell’accusato; quindi, anche la cedu prevede che ogni reato sia determinato in maniera precisa dalla normativa. Certamente il criterio di legalità, così come presunto, non pare che manifesti aspetti di specifica innovazione, convalidando anzi un dato diffuso nei sistemi giuridici dei Paesi appartenenti al consiglio d’europa, nonostante si conforma con modi e variabili differenti negli ordinamenti di civil law o common law.

Dunque si è affermato che l’immissione di questo criterio nella convenzione europea sia stato imposto dal bisogno di garantire la positivizzazione di una specie di fattore minimo comune denominatore di liceità adatto a non permettere degenerazioni dello stato di diritto, senza creare tuttavia un sistema legale in grado di influenzare positivamente i modelli penali degli Stati membri.

Tuttavia non possiamo dire che l’art. 7 co. i cedu sia una legge di scarso profilo o di poca rilevanza.

L’interpretazione giudiziale della corte europea dei diritti umani ha ascritto, infatti, una forte rilevanza al criterio di legalità emesso nella suddetta norma, allo scopo di conseguire un consolidamento della natura garantistica dei criteri di legalità e non retroattività, acnhe se già positivizzati negli ordinamenti nazionali.

cosa significa «riserva di legge»? ragguaglio legislativo: articolo 25 cost. definizione: criterio in base al quale la disposizione legislativa è la sola fonte di leggi in ambito penale. requisiti: natura assoluta e relativa della riserva. quesiti conseguenti: basi del diritto penale e accettabilità della cd. legge penale in bianco.

il criterio di riserva di legge riguarda la materia delle fonti del diritto penale in quanto manifesta l’interdizione di condannare una specifica azione in mancanza di una norma antecedente che lo descriva come illecito e che ne indichi la connessa misura sanzionatoria (nullum crimen, nulla poena sine lege poenali scripta).

la riserva di legge riguarda la fonte che può immettere, variare, sopprimere una specifica fattispecie di accusa.

E’ difatti l’appendice al criterio di legalità che sostiene l’esclusiva del legislatore in merito alle decisioni di accusa allo scopo di proteggere la libertà soggettiva contro eventuali regolatori del potere giudiziario ed esecutivo.

la riserva di legge in generale comporta l’estromissione di fonti differenti dalla normativa e dagli atti che hanno forza di legge. in teoria da qualche tempo si è dibattuto e ancora oggi si dibatte se la riserva di legge inclusa nell’art. 25 cost. debba essere considerata assoluta o relativa, ossia se soltanto la normativa possa regolare l’ambito specifico, con estromissione dell’azione di leggi sub legislative, o se il legislatore abbia solo la funzione di definire le linee principali della teoria attribuendone la determinazione ad altre fonti di livello inferiore (ad es. regolamenti).

In base a una prima impostazione, oggi dominante, la riserva di legge è assoluta dato che il riferimento a fonti secondarie implicherebbe un danno al bisogno di protezione insito nel criterio di legalità.

Un’altra impostazione riconosce una riserva relativa di legge a patto che sia la normativa a definirne la natura, le limitazioni e la materia degli atti dell’ente non legislativo. in teoria predomina la concezione della natura assoluta della riserva proprio alla luce della ratio insita nel criterio di legalità, vale a dire il favor libertatis. 2 bis. quali sono le fonti del diritto penale nazionale?

L’idea di «legge» indicata dall’art. 25 co. ii cost. e dall’art. 1 c.p. è considerata in senso estensivo, teso a includere sia la norma a livello tecnico sia gli atti a essa parificati.